Oggi sul Corriere del Mezzogiorno, l’intervento del segretario generale Cgil Napoli e Campania, Nicola Ricci. Qui l’intervento integrale.

Quella che ci apprestiamo a vivere sarà una campagna elettorale intensa, che vedrà Napoli tra i principali terreni contesi da tutti gli schieramenti in campo. Una prima indicazione arriva dalla composizione delle liste che i partiti stanno presentando in queste ore, che vedono schierati ministri ed esponenti di primo piano dell’ultima  coalizione che sosteneva Draghi, che nella nostra città e in Campania cercheranno l’affermazione del proprio schieramento politico. Quello che però interessa ai cittadini e alle cittadine, alle lavoratrici e ai lavoratori, non sono tanto i nomi ma i temi e gli impegni che verranno presi per dimostrare di avere davvero a cuore le sorti della terza città d’Italia, la prima nel Mezzogiorno per numero di abitanti.

La Cgil nella piena e convinta autonomia guarda al lavoro, all’istruzione, alla sanità, alla legalità, all’ambiente quali temi su cui candidate e candidati al Parlamento dovranno dimostrare di avere idee chiare e larghe condivisioni. Questioni che sono tutte indissolubilmente legate al grande tema del Mezzogiorno e dell’Autonomia differenziata, che continua ad aleggiare sul futuro del nostro Paese, che parte da un’idea che noi riteniamo sbagliata, ovvero quella di un disegno mai nascosto che punta ad aggravare i divari economici e sociali tra il nord e il sud del nostro Paese.

Di Mezzogiorno la Cgil ne farà tra qualche settimana il fulcro di una iniziativa nazionale per contribuire alla discussione anche su come ridurre il divario con una parte del Paese che è già stato gravoso negli anni scorsi, con l’inarrestabile fuga, per esempio, dei nostri giovani che compongono, di conseguenza, la principale platea dell’astensionismo elettorale.

Ridare centralità al lavoro, realizzare e completare gli obiettivi economici e sociali dei bandi del PNRR, dei CIS, dei Fondi 2014/2020 e 2021/2027 puntando su istruzione, ricerca, legalità e alla riduzione delle diseguaglianze sociali che vive la nostra città. La chiave per raggiungere questi obiettivi resta per noi quella del confronto propositivo e dell’ascolto, da parte di tutte le istituzioni, di quelle che sono le esigenze e le problematiche del mondo che noi rappresentiamo, quello del lavoro. Se nelle scorse settimane, insieme alle altre organizzazioni sindacali confederali, abbiamo siglato due importanti accordi con Confindustria Napoli per lo sviluppo economico della città metropolitana, con il Commissario straordinario di Governo per le Zes, puntando a nuove politiche di investimento che generano occupazione  e al monitoraggio delle nuove imprese che intendono impegnarsi sul nostro territorio, e abbiamo avviato un confronto con la giunta Manfredi sul bilancio, sulle strategie e il ruolo futuro delle società partecipate e della macchina amministrativa comunale, ad oggi quello che manca è il confronto con l’ultimo pezzo della filiera istituzionale: la Regione Campania. Dall’inizio di questa nuova legislatura targata De Luca, nonostante richieste di incontro, piattaforme programmatiche, mobilitazioni e scioperi, non c’è stata una vera apertura per affrontare alcuni dei problemi strutturali della Campania. Una chiusura non totale, ma quasi, che si è tradotta in pochi e singoli incontri con esponenti della giunta che non hanno avuto un seguito. Nessuna risposta dalle emergenze sociali ed economiche, che, come abbiamo sempre sostenuto, si possono anche combattere costruendo politiche attive del lavoro efficaci e che, ad oggi, al netto di un primo intervento con la strategia Gol Campania, risultano ancora insufficienti.

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Serve una nuova misura fiscale regionale che insieme ad un intervento del Governo sulla decontribuzione dia la possibilità alle famiglie di avere più soldi in tasca per acquistare beni di prima necessità i cui consumi, come testimoniano gli ultimi dati Svimez, sono in frenata in tutto il Mezzogiorno con la nostra regione che è sostenuta soltanto dalla spesa turistica, i cui flussi sono ritornati al periodo pre-Covid. Qui, dove la precarietà del lavoro produce redditi bassi, lavoratrici e lavoratori vengono colpiti sistematicamente. Altro tema su cui chiediamo ascolto è quello dell’istruzione. In Campania 201.520 alunni non beneficiano di alcun servizio mensa e quasi 170mila frequentano scuole senza palestra. Numeri che pongono la nostra regione sul podio più alto (in negativo) tra quelle del Mezzogiorno. Ma il dato più preoccupante, che andrebbe analizzato è quello diffuso dall’Istituto nazionale documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE) del Ministero dell’Istruzione: in Italia l’80 per cento di chi ha frequentato e si è diplomato negli ITS trova lavoro entro un anno. Ma su 142 Istituti tecnici superiori premiati in Italia non ce n’è uno solo della Campania.

La cornice entro cui operare dei cambiamenti profondi della nostra società deve restare quella della legalità, tema su cui crediamo sia necessario aprire una vertenza nazionale alla luce della escalation di queste ore. Le risposte date fino ad oggi dal ministro dell’Interno per contrastare i fenomeni di criminalità a Napoli, si sono rivelati insufficienti. I costanti episodi di violenza che si stanno registrando in molti quartieri della città, sono il segnale che si è arrivati ad un punto di crisi tra disagio e devianza sociale che sta superando il limite. È il frutto velenoso che matura quando non si riesce a far fronte ai problemi sociali. Il peso della criminalità, anche quella minorile napoletana, non è un problema dell’oggi ma sta toccando livelli fuori controllo. Si ha l’impressione di una sottovalutazione del fenomeno criminale da parte delle istituzioni. All’azione del Prefetto e della Chiesa, delle associazioni e dei cittadini responsabili, vanno affiancati interventi mirati. A un mese quasi dal voto pensiamo che chi si candida a governare il Paese lo debba fare nella consapevolezza che città come le nostre necessitano di programmi seri, politiche incisive e legame con il territorio: ad oggi non lo percepiamo.